L'abbazia dei santi Nazario e Celso a San Nazzaro Sesia (Novara)
L'abbazia dei santi Nazario e Celso fra il Monte Rosa e le risaie
L'abbazia dei santi Nazario e Celso
Il Monumento
L’abbazia di San Nazzaro Sesia è un complesso formato da strutture di diverso periodo storico. Le parti più antiche sono la torre campanaria, sorta come torre di avvistamento, e le due ali del nartece antecedente la facciata, ovvero ciò che rimane del quadriportico costruito intorno al 1150, poco dopo la data di fondazione dell’abbazia stessa (1040). I tagli dovuti all’abbattimento degli altri due lati sono ancora oggi chiaramente visibili.
Il nartece è quasi interamente costituito da pietre del fiume Sesia disposte a spina di pesce in modo tale da aumentarne al solidità . La malta stessa è stata ottenuta da materiali rinvenuti sul posto, nei pressi del fiume Sesia. Probabilmente era in origine adibito ad “hospitalis”, serviva cioè come luogo di riposo e ristoro per i viandanti ed i pellegrini, che sappiamo essere stati numerosissimi in epoca medievale, ed inoltre aveva la funzione di ospitare i catecumeni, quelle persone cioè non ancora battezzate che non potevano accedere alle funzioni religiose cristiane: al centro di questo quadriportico vi era infatti – quasi sicuramente – un catino per battezzare queste persone, come si può intuitivamente dedurre dai canaletti di scolo per le acque scoperti durante i restauri degli anni ’60.
La torre campanaria
La torre campanaria è una possente opera costruita con l’utilizzo di sole pietre e malta nella parte bassa e con l’introduzione dell’uso del mattone nella parte alta. E’ una possente struttura cava di 35 metri circa suddivisa in sei specchiature secondo i criteri stilistici romanici.
La poderosa costruzione a sezione quadrata, staccata dalla chiesa a nord-est, sorge direttamente dal terreno come nelle antiche e più importanti chiese. Le pareti esterne, in corrispondenza delle specchiature, sono decorate da serie di archetti pensili. Per circa un terzo la torre si innalza con spigoli perpendicolari al terreno: inizia quindi una lieve rastremazione (riduzione di sezione) che si conclude alla sommità su cui sono stati posteriormente costruiti dei beccatelli.
In origine non vi era copertura, la costruzione serviva unicamente per avvistare spostamenti di gruppi di persone a grande distanza: è di rilevante importanza far notare che dalla torre si possono vedere sia Novara sia Vercelli ed inoltre l’importante guado “del Dovesio” sul fiume Sesia. La copertura è opera di pochi secoli fa.
La Chiesa
La chiesa, interamente ricostruita intorno al 1450 ad opera dell’abate Antonio Barbavara, è una tipica costruzione a capanna, suddivisa internamente in tre navate. La ricostruzione è avvenuta sui resti della primitiva chiesa del 1100, chiesa, molto più piccola dell’attuale – la soglia si trovava circa nella mezzeria delle navate – in quanto tra l’ingresso dell’attuale chiesa e la soglia della chiesa antica vi era, molto probabilmente, un quadriportico simile a quello di cui rimangono ancora oggi due lati, ovvero l’attuale nartece. Le funzioni di questa costruzione erano molto probabilmente le stesse del chiostro di cui sopra si è parlato.
Le volte sono a crociera nello stile tipico delle costruzioni religiose del periodo di passaggio tra lo stile romanico e quello gotico. Queste sono sostenute da possenti contrafforti addossati ai muri perimetrali e da eleganti colonne polìstile in mattoni a vista. Le colonne erano state ricoperte da una decorazione in finto marmo che è stata rimossa durante i restauri degli anni ’70 del secolo scorso. Così facendo è stata tolta anche la malta sita al di sotto del finto marmo con il risultato che i mattoni a vista si sono irrimediabilmente rovinati. Oggi queste colonne sono ricoperte da un altro stato di malta intonacato, su cui sono stati disegnati in bianco i contorni dei mattoni, con un discreto effetto decorativo.
L’abside è leggermente fuori asse rispetto l’intera chiesa e questo è dovuto al fatto che, durante la costruzione dell’attuale, l’abside venne edificata rispettando l’antico asse cosicchè, per collegare questa al quadriportico più esterno, si dovette usare un asse non parallelo a quello dell’abside. Altri lavori di restauro sono stati effettuati nella parte absidale nel 1997: questa presentava ancora la pavimentazione originale del 1400, su un piano ribassato rispetto all’attuale che fu sopraelevato con una struttura in metallo e legno, a causa di infiltrazioni d’acqua. I lavori sono consistiti nel riempimento della ‘fossa’ in modo da uniformare la pavimentazione in tutta quanta la chiesa. Si può tuttavia ancora ammirare una parte dell’antica pavimentazione nella sacrestia dove, al posto della pavimentazione su di un piano più alto è stata collocata una grata di ferro.
Il Chiostro
Il chiostro è quattrocentesco: questa costruzione viene realizzata per completare la struttura di una tipica abbazia medievale nella quale il “claustrum” aveva la funzione di distribuire la vita quotidiana dei monaci benedettini che vi risiedevano. Sicuramente vi erano le celle individuali, un refettorio ed una cucina comuni, forse una sala capitolare, e vasti locali per la raccolta dei prodotti agricoli, secondo quanto prescritto dalla regola benedettina.
Architettonicamente è stato realizzato in almeno due fasi: la prima, quella del lato nord, immediatamente a ridosso della realizzazione della chiesa del XV secolo, e la seconda, sempre nel corso del 1400, comprendente la realizzazione degli altri 3 lati. E’ una struttura con volte a crociera sostenute da contrafforti e da eleganti pilastri ottagonali in muratura. L’intero chiostro era in origine completamente affrescato su più livelli. Ora rimane una minima parte di quegli affreschi che in gran parte il tempo, in parte errati interventi di recupero e conservazione, hanno irrimediabilmente danneggiato.
La cinta muraria
Altra costruzione architettonica rilevante è la cinta di mura che circonda l’intero complesso. E’ una costruzione poderosa, massiccia anche se non è mai stata utilizzata a scopo difensivo, come si potrebbe pensare. Contrariamente alla torre campanaria, che è stata eretta intorno al 1050, in epoca medievale, periodo di travagliati scontri e battaglie campali tra città vicine – come Novara e Vercelli -, questa “fortificazione” è stata ultimata prima della fine del 1400, in un’epoca cioè priva di sconvolgimenti politici ma caratterizzata da un clima di generale serenità e pace nelle nostre terre.
La motivazione per cui è stata realizzata la cinta muraria Sannazzarese può essere uno sfoggio di prestigio: va fatto notare che in quel periodo storico l’abbazia toccava il culmine del proprio splendore: era, in tutta quanta la regione, l’abbazia con il più alto reddito ed era addirittura indipendente dalla diocesi – di Vercelli – e sottostava direttamente agli ordini di Roma. Con un azzardato paragone è un po’ la situazione che si aveva nelle grandi città nello stesso periodo: i signori più ricchi e potenti si sfidavano a far mostra di sé nella costruzione di palazzi sempre più grandi ed imponenti, basti pensare ad esempio alle grandi famiglie di Firenze.
La cinta corre attorno all’intero perimetro e le mura sono interamente percorribili a piedi. Alla sommità presentano una merlatura di tipo ghibellina – siamo in terre che erano soggette al dominio degli imperatori tedeschi, Biandrate ne era una delle ultime roccaforti – ed esisteva anche un ponte levatoio, non più esistente, che era situato in faccia al portale della chiesa, un po’ spostato sulla sinistra, oggi inglobato nelle costruzioni della parte privata. Agli angoli dei quattro lati perimetrali esistevano quattro piccole torri conservatesi fino ai giorni nostri. All’interno di quella a nord-ovest è stata oggi ricavata l’entrata al complesso, non essendo più esistente il passaggio in corrispondenza del ponte levatoio.
La Storia del Territorio e dell’Abbazia
Le nostre terre videro la concreta presenza dell’ uomo già in epoca Romana, più di 2000 anni fa. I luoghi in cui abitiamo erano allora un vasto latifondo della famiglia romana dei Corneli, come si evince da una lastra usata come pietra angolare alla base della torre campanaria. Sappiamo inoltre che prima della nascita di Cristo si combatté nei pressi di Vercelli una feroce battaglia tra gli abitanti delle nostre zone (I Cimbri) e i Romani, battaglia vinta da questi ultimi (Battaglia dei Campi Raudi, 101 a.C.) sotto la guida del generale Gaio Mario.
Non ci furono comunque in epoca romana insediamenti stabili nelle terre attorno all’abbazia di oggi.
L’impero romano cadde nel 476 d.C. ad opera dei barbari (Visigoti, Goti…) che comunque non riuscirono a centralizzare il potere, a creare cioè uno “stato”.
Intorno al 500 ci riuscirono però i Longobardi ed è proprio in questo periodo che si suppone possa aver avuto origine l’abitato di San Nazzaro Sesia. Alcuni storici, infatti, ritengono che re Alboino, sconfitti i propri nemici, assegni come premio ai soldati veterani, gli “arimanni”, vasti territori tra Sesia e Ticino ed anche nelle zone del novarese e del vercellese.
Nel 584 il potere viene centralizzato nelle mani del re Autari e grazie soprattutto alla regina Teodolinda i Longobardi si convertono al Cristianesimo e alla Chiesa Romana. È probabile la nascita di un edificio legato al culto utilizzato anche come rifugio per pellegrini e viandanti nel periodo missionario tra i Longobardi. Va notato infatti che questi “hospitales” venivano costruiti nelle vicinanze di strade o sentieri pericolosi o molto frequentati.
A pochi chilometri da San Nazzaro era situato, nel periodo medievale, un guado del fiume Sesia molto importante, (il guado del “Dovesio”, nei pressi dell’attuale cascina Devesio), e San Nazzaro stesso era incrocio di due importanti strade medievali: la Via Regia, che collegava i territori ad Est con quelli ad Ovest (quella che noi oggi chiameremmo autostrada Milano-Torino), collegandosi poi con la Via Francigena che portava ai passi alpini per giungere nelle Gallie, e la Via Biandrina che conduceva ai monti e ai passi valsesiani.
I Longobardi vengono sconfitti intorno all’800 dai Franchi di Carlo Magno e questo è un fatto importante: segna cioè l’inizio della dominazione Tedesca nelle nostre zone.
Ai Franchi succedono le dinastie dei Germani e degli Ottoni, dinastie che rafforzano l’egemonia straniera in terra italiana, in modo particolare nelle nostre zone.
Si ha quindi intorno all’anno 1000 la nascita del Sacro Romano Impero Germanico. Siamo in pieno medioevo, periodo del feudalesimo. All’Imperatore tedesco sottostavano i feudatari ed i feudatari più piccoli, i vassali, i valvassori, i valvassini ecc. Intorno all’anno 1000 vassalli dell’imperatore erano i Conti di Pombia (poi “di Biandrate”), potente famiglia che controllava vastissimi territori nel Novarese, nel Vercellese e nel Pavese.
La fondazione dell’Abbazia di San Nazzaro Sesia è legata ad un documento datato 1040, citato da più storici in relazione a fatti diversi, chiamato “Donatio Riprandi”. Riprando è il 48° Vescovo di Novara ed è un Conte di Biandrate, fratello del vassallo imperiale. In quella data Riprando dona il terreno su cui sorgerà l’abbazia ai monaci benedettini “…quivi chiamati con diritto di decima…”.
Sorge un dubbio su Riprando (Vescovo di Novara) in quanto pare strano che crei un complesso da cui non ricava economicamente nulla (San Nazzaro è da sempre in diocesi di Vercelli) e su cui non si riserva un potere particolare di controllo. È anche da notare che in quel periodo (1040) i Conti di Biandrate che allora si chiamavano ancora “Conti di Pombia-Varallo”, non erano ancora possessori delle terre su cui è sorto il complesso di San Nazzaro, terre che acquisteranno solo intorno al 1070. Nonostante questi “vizi” questa versione sull’origine dell’abbazia è quella più apprezzata dagli storici attuali. Gli imperatori tedeschi mantennero l’egemonia politica nelle nostre terre fino a circa il 1200 (si ricorda il 1168 come data della totale Distruzione di Biandrate ad opera della Lega Lombarda).
Segue quindi un lunghissimo periodo di pace e di tranquillità politica, si inizia a profilare l’età dei Comuni (Biandrate ha il vanto di essere il secondo libero Comune d’Italia, il primo certificato da documentazione risalente al 5 Febbraio 1093) ed in seguito delle Signorie.
Una volta fondata, la vita abbaziale proseguì tra alti e bassi in modo regolare, aumentando sempre in potenza e prestigio, fino a raggiungere il culmine del proprio prestigio intorno alla metà del 1400. In questo periodo è l’abate Antonio Barbavara, cresciuto nell’ambiente milanese, a prendersi cura del complesso. Grazie a questa grandissima figura l’abbazia viene interamente ricostruita ed assume l’aspetto odierno.
In quel periodo San Nazzaro era l’abbazia a più alto reddito di tutto il Piemonte e riusciva ad imporre il suo volere anche a discapito delle volontà della curia vercellese: aveva raggiunto un potere ed un prestigio talmente alto che riusciva a raccogliere decime in tutto il novarese, nel vercellese e in parte del pavese ed in tutta la Valsesia. Aveva addirittura delle piccole filiali sparse per il territorio (le Celle) che avevano il compito di incassare parte delle decime che venivano poi portate a San Nazzaro.
Da questo momento in poi la storia vede una progressiva decadenza accentuatasi in modo definitivo ai primi dell’800 con il passaggio di Napoleone che spogliò le nostre terre di tutti gli averi e di tutti i capolavori che esse possedevano. Parte dell’Abbazia venne venduta a privati quali i Sella, ramo della famiglia di banchieri (Quintino Sella), gli Isnard in seguito, fino ad arrivare ai giorni nostri. Oggi all’interno dell’ abbazia abitano ancora famiglie di San Nazzaro Sesia.
La decadenza terminerà solamente ai giorni nostri, precisamente negli anni ’60 del secolo scorso quando, grazie alla coraggiosa ed instancabile opera di un grande parroco sannazzarese, don Danilo Gallo di Palazzolo, hanno inizio i lavori di restauro che hanno riportato l’abbazia all’antico splendore del 1400, splendore che fortunatamente oggi possiamo ancora ammirare.
I monaci benedettini
Chiamati in abbazia a San Nazzaro dal vescovo Riprando nel 1040, i monaci benedettini si sono avvicendati nella cura delle anime e nel rendere abitabili le nostre terra, una volta paludose ed inospitali, fino a trasformarle nel territorio che oggi abitiamo. Hanno costruito i primi canali, regimato le acque, dato slancio all’agricoltura, oltre ad aver coltivato la cultura, facendo dell’abbazia un gioiello acclamato già in epoca medievale.
Non sappiamo se sia esistito un capitolo, ma sappiamo che l’abate, il capo dei monaci, poteva prendere decisioni autonomamente. Si sono succeduti molti abati (ne esistono differenti elenchi, molto simili tra loro) che, fino al Barbavara, sono stati “Regulares”, ovvero residenti in abbazia e dediti alla stessa in modo diretto, senza intermediari. Dal successore di Barbavara fino alla soppressione abbaziale con le vicende napoleoniche, gli abati divennero “Commendatarii”, ovvero non più residenti più in abbazia, ma alti prelati, vescovi, cardinali, che ricevevano il titolo più per onore (e per goder delle rendite abbaziali) che non per ‘mandato’. Ciò nonostante alcuni di essi, come ad esempio l’abate Vincenzo Filippo Confalonieri, furono molto importanti per lo sviluppo delle attività abbaziali, e per la realizzazione di importanti opere a servizio della collettività sannazzarese.
Carlo Michele Giulino (canonico archivista della curia vescovile di Novara, 1723 ca – 1792) evidenzia che dall’anno 1550, durante l’amministrazione dell’abate Federico Cesio, non si hanno più notizie di monaci residenti a San Nazzaro Sesia. Circa venti anni dopo, infatti, viene istituita la parrocchia, sottostante alla curia di Vercelli. L’ultimo abate, Giuseppe Vivalda, fu in carica fino al 1801, anno della soppressione dell’ente abbazia.
Gli affreschi interni
All’interno della chiesa vi sono due pregevoli affreschi, uno sul fianco della navata laterale destra ed uno al termine della stessa.
L’affresco sul fianco della navata laterale destra è stato attribuito ad un pittore galliatese (Galliate è un comune sito ad est di Novara) del 1400, Giovanni Antonio Merli, ed è da ascrivere al clima di elevata cultura e prestigio finanziario che caratterizzava l’abbazia al tempo dell’abate Barbavara.
I personaggi raffigurati sono, guardando l’ affresco da sinistra verso destra, San Bovo con un personaggio femminile sconosciuto (forse la madre), San Nazario a cavallo, Santa Caterina da Alessandria e San Rocco. Sono personaggi la cui devozione è stata molto forte all’epoca in cui l’opera è stata realizzata. L’affresco è impaginato nello stile umanistico, e l’iscrizione recante la data di esecuzione (12 ottobre 1480) ci fa sapere che l’affresco stesso è stato commissionato dalla popolazione del luogo.
L’affresco sito al termine della navata di destra, a fianco dell’ingresso laterale alla chiesa, appare molto più enigmatico e ricco di particolari con riferimento simbolico. Vi sono rappresentati la Vergine Maria seduta in trono con il bimbo Gesù in braccio, attorniata da angeli musicanti, in una ricca cornice architettonica. Al fianco sinistro troviamo San Sebastiano e sul fianco destro Sant’Agata. Nella cornice sommitale ancora angeli musicanti e parti anatomiche appese alla cornice stessa.
Ciò che appare subito evidente è l’elevato numero di personaggi rappresentati: 19 se si conta anche il cardellino in mano al bimbo Gesù. Inoltre, risulta subito evidente la tipologia di rappresentazione dei personaggi laterali, raffigurati all’opposto di quanto si riscontra nell’iconografia classica. Qui tutto parla di dolore e sofferenza, ma anche del trionfale superamento delle passioni stesse, in un tripudio musicale che, forse, rimanda alla maestria corale dei monaci benedettini all’epoca del Barbavara. Questo affresco non è ancora stato attribuito, ed è attualmente in fase di studio.
Gli affreschi esterni
Tutto il chiostro era affrescato su tre livelli: una fascia bassa, una fascia media e le lunette delle volte a crociera. Le storie narrate pittoricamente sono gli episodi della vita di San Benedetto, dalla nascita alla morte, così come raccontate nell’opera letteraria “I dialoghi” di San Gregorio Magno papa.
La manomissione degli edifici nel corso della storia, le condizioni meteorologiche, e scelte conservative rivelatesi col tempo, purtroppo, peggiorative, hanno determinato delle perdite sul numero degli affreschi iniziali, e sulla loro qualità. Oggi rimangono solo gli affreschi sul lato nord, alcuni frammenti sul lato est, e porzioni di affresco sul lato sud. In tutti i lati, inoltre è andata perduta la fascia bassa.
Una peculiarità è la presenza, al di sotto di ogni scena raffigurata, di una didascalia che, nel volgare dell’epoca del 1400, racconta la scena stessa, così come narrata ne “I dialoghi” di S. Gregorio Magno papa. Una sorta di ‘fotoromanzo’ del tempo, che lascia oggi un’importante testimonianza della lingua parlata 600 anni fa.
Nascita di S.Benedetto
Episodi della vita di S.Benedetto
Episodi della vita di S.Benedetto
Le tentazioni subite da S.Benedetto
Episodio del ‘monaco instabile’
Ogni scena narrata è immersa in un paesaggio a volte naturale, a volte urbano, in cui i dettagli son rappresentati con cura e ricercatezza.
Viene narrata in forma pittorica la descrizione che san Gregorio Magno fa di Benedetto: un uomo dalla solida inossidabile fede, ma anche dal carattere duro, difficile, con un atteggiamento nei confronti della vita, la “Regola”, che pochi confratelli saranno in grado di sopportare.
Si racconta, ad esempio, la vicenda del “monaco instabile”. San Gregorio narra di come l’abate Pompeiano si consulterà con Benedetto preoccupato per la condotta di un monaco del proprio monastero, che non solo fa sì che la propria mente insegua «pensieri vaganti, futili e mutevoli», ma al momento opportuno diserta le celebrazioni liturgiche, lasciandosi persuadere da un «fanciullo nero» a lasciare il monastero. dopo giorni di preghiera, ed un’attenta osservazione, benedetto deciderà di percuotere con un bastone il monaco, che da quel momento sarà «risanato» [cit. da AAVV, L’Abbazia di San Nazzaro Sesia, guida ai percorsi architettonici e figurativi. Anno 2013].
Ultimi istanti della vita di S.Benedetto
Allo stesso modo, ci vengono presentati gli ultimi momenti della vita del santo. Benedetto è a letto, esausto. Il medico al suo capezzale gli tasta il polso, tenta le ultime cure. La cavalcatura con cui è arrivato, il tenero asinello, è ‘parcheggiata’ fuori dalla stanza, vicino alle scale di ingresso, e tutti i monaci si disperano per ciò che sta accadendo. In alto, su una scia dorata, una piccola figura sta salendo al cielo, prefigurazione di ciò che sarà del santo al termine della propria vita.
La dolcezza che promana dalla scena è toccante, e merita di essere vissuta in prima persona.
Fonte:
Fonte del sito dell'abbazia
2023-12-20
Fonte : www.abbaziasannazzarosesia.it